È tempo di tornare a un’economia e a una società più umane. La crescita dei capitali è diventata una religione, ma i numeri raccontano un mondo sempre più diviso.
Oggi, secondo i dati UBS e FMI 2025, l’1,6% della popolazione mondiale possiede quasi la metà della ricchezza totale. All’estremo opposto, il 40,7% dell’umanità vive con meno di 10.000 dollari, detenendo appena lo 0,6% dei patrimoni globali.
In testa a questa piramide ci sono circa 3.000 super-ricchi che, insieme, controllano un patrimonio di 13.700 miliardi di euro. Solo Elon Musk ne detiene oltre 340 miliardi. Dal 1987 al 2024, la ricchezza media dello 0,0001% più ricco del pianeta è cresciuta del 71% ogni anno.
Piketty e la lezione dell’uguaglianza
Thomas Piketty, autore de Il capitale nel XXI secolo e di Una breve storia dell’uguaglianza, ricorda che la marcia verso l’uguaglianza nasce dal progresso umano, e in particolare dall’educazione. Senza lotta alle disuguaglianze non c’è sviluppo. Per questo propone una riflessione urgente: tassare la ricchezza.
Il reddito medio mondiale è di circa 1.000 euro al mese, ma oscilla da 100-200 euro nei paesi poveri a oltre 3.000-4.000 in quelli ricchi. Intanto gli Stati Uniti, pur controllando il 58% delle riserve mondiali, hanno un debito pubblico che supera il 100% del PIL.
Negli USA, lo studio di Gabriel Zucman mostra che le imposte effettive sui 400 americani più ricchi sono scese dal 30% al 24% entro il 2000, e le ultime riforme fiscali hanno ulteriormente agevolato l’elusione. Una questione non solo economica, ma politica e sociale.
La tassa sui miliardari e il dibattito europeo
In Francia, il dibattito sulla cosiddetta “tassa Zucman” — proposta di un prelievo minimo del 2% sui patrimoni dei circa 3.000 miliardari del pianeta — è molto acceso. Il gettito stimato? Circa 250 miliardi di dollari l’anno per gli Stati.
Scartata inizialmente dal G20, la misura è stata approvata dall’Assemblea nazionale francese, ma bocciata dal Senato. Resta però ancora al centro del confronto pubblico.
Tra le misure ritenute essenziali da molti economisti ci sono la fine del segreto bancario e un vero scambio internazionale di informazioni fiscali.
Le sfide per l’Europa
In Europa, solo Spagna, Norvegia e Svizzera applicano una patrimoniale; l’Italia, al contrario, continua ad attrarre capitali esteri con agevolazioni fiscali.
Con l’aumento delle spese per difesa, sanità e welfare — aggravato dall’invecchiamento della popolazione — l’Unione Europea dovrà prima o poi affrontare il nodo di una tassazione comune dei capitali.
In Germania, ad esempio, il cancelliere Merz ha già annunciato tagli al welfare, segno di una crisi fiscale che minaccia lo stato sociale.
La mobilità sociale si è quasi bloccata: secondo l’OCSE servono in media cinque generazioni perché una famiglia povera diventi di reddito medio. Le diseguaglianze, inoltre, influenzano sempre più la politica: i miliardari finanziano campagne elettorali, orientano i media, condizionano le scelte politiche.
Verso una federazione più giusta
Piketty denuncia anche la debolezza strutturale dell’Unione Europea, incapace — nella sua forma attuale — di affrontare le grandi sfide del secolo: diseguaglianze, cambiamento climatico e tassazione delle multinazionali.
La sua proposta è ambiziosa: creare una vera Federazione Europea, con istituzioni democratiche e un bilancio comune.
“Bisogna democratizzare l’Europa”, scrive l’economista, “perché solo una politica condivisa può garantire giustizia sociale e crescita sostenibile”.
